Avere uno come lui in squadra è troppo pericoloso...



Il 31 marzo 2011, Paolo Tomaselli su Il Corriere della Sera ha scritto un articolo molto stimolante dal titolo: "Il coach della mente fa volare i calciatori".

"Ma dove vai, se il mental coach non ce l'hai?"
Riportava l'articolo di Tomaselli.

Prendo spunto da quel bell'articolo (leggilo perchè illuminante), per parlarti di come, sempre più atleti agonisti, allenano (anche) la loro testa: per trovare motivazioni, concentrazione e autostima.
 

Nello sport di oggi, le performance sono sempre più importanti.

 
Squadre e atleti vivono sull'altalena dei risultati e molti sportivi hanno cominciato a capire quanto sia importante "allenare" anche la propria mente.

Finalmente (oserei dire)!

Nell'attuale campionato di serieb B di calcio, per esempio, il Trapani si è affidato ad un mental coach di nome Stefano Tavoletti (un caro amico, cui mando il mio "in bocca al lupo").

Ma sono certo che ci sono tante altre esperienze in corso, sia a livello individuale sia di squadra, che magari io non conosco personalmente (segnalamele se ne conosci qualcuna).

Come affermava anche Tomaselli nel suo articolo, parlare di un vero e proprio censimento era difficile nel 2011 e lo è ancora oggi (chissà perché pochi atleti e società hanno il coraggio di affermare di avere un proprio mental coach. Cosa li spaventa?).

Sembrerebbe, comunque, che il numero degli atleti professionisti che lavora con chi riesce a migliorare il loro rendimento, sia decisamente aumentato in questi ultimi tre anni. Questo è molto positivo.

Semmai, l'aspetto negativo lo vedo nel problema che ogni nuova tendenza genera "improvvisati" dalla sera alla mattina, che pregiudicano il lavoro delle persone serie e preparate. Anche il mental coach non è immune da un rischio del genere.

Oggi va di moda parlare di allenamento mentale nello sport, e molti si "spacciano" per coach e mental coach. Ma che parlo di "allenamento mentale" è da molti anni: il primo post l'ho scritto nel giugno 2008 e che studio il fenomeno è addirittura dal 2003. 


Ho sempre pensato che la "motivazione, capacità di concentrazione, una sana autostima e la gestione dello stress" fanno la differenza per qualsiasi atleta.

A qualsiasi livello.
Finalmente se ne comincia a parlare sempre più apertamente.
 
Ma esattamente, che cosa fa un mental coach?
Semplice: aiuta un atleta a tirar fuori il meglio di sé.
 
Sia un giocatore di calcio, di basket, di pallavolo, un nuotatore, un tennista, un golfista, o altro sport. Sia un atleta individuale o di squadra.
Quasi tutti i migliori mental coach usano tecniche estrapolate dalla Pnl (Programmazione Neuro Linguistica). Quasi tutti lavorano su questi sette aspetti fondamentali (o dovrebbero farlo);
  1. stati d'animo, insegnare all'atleta la gestione degli stati d'animo interni, per ancorare quelli potenzianti e motivanti;
  2. autostima, aiutarlo ad amarsi e volersi bene, per alimentare una sana autostima (fondamentale per ottenere performance di qualunque tipo nella vita);
  3. focus, sviluppare in lui la capacità di mantenersi concentrati su di un obiettivo;
  4. linguaggio, migliorare il famoso dialogo interno di cui si nutrono gli atleti;
  5. visualizzazione, insegnargli ad usare le tecniche per creare eventi nella propria mente; 
  6. motivazione, aiutarlo ad individuare le leve motivazionali migliori per agire e raggiungere un obiettivo;
  7. fisiologia, aiutarlo a gestire al meglio la respirazione, la postura, la tensione muscolare, lo stress.
Insomma, un coach della mente, a mio modesto avviso può solo portare innovazione e miglioramento nelle perfomance degli atleti.

In Inghilterra e in altri paesi come gli Stati Uniti, l'Australia e la Francia, si applica l'allenamento mentale da tempo (qualche decennio).

Avere uno come lui in squadra è troppo pericoloso?
Ammetto che il titolo del mio post è volutamente provocatorio...

Perchè in realtà, l'unico che sembra percepirlo come un pericolo è l'allenatore di club, che teme, in maniera del tutto infondata, di perdere ascendente e leadership verso gli atleti da lui allenati.

Ripeto:
è un timore assolutamente inesistente,
perché il mental coach lavora per il "bene" di qualcosa e di qualcuno,
e non "contro" qualcun altro.


E allora: cosa aspettano i nostri allenatori e le società sportive professionistiche a circondarsi di mental coach?

La risposta ai posteri...
Giancarlo Fornei
Formatore Motivazionale, Scrittore & Mental Coach
"Il Coach delle Donne"
  • a questo link trovi l'intervista a Stefano Tavoletti;
  • a questo link trovi l'articolo originale tratto dal Corriere della Sera



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